mercoledì 13 settembre 2017

BELLEZZA

di Gianluca Bissolati

Se il bello è soggettivo,
tu sarai il mio standard.
Decido in questo istante -
decreto del poeta -
che non vi sia persona
al mondo a te più bella,
e godo sorridendo
di averti già trovata.

mercoledì 23 agosto 2017

SOPRA LE NUBI

di Gianluca Bissolati

Guardo in cielo
dove bambini alati
forse guardan giù.
Chissà se i nostri occhi
si sono già incontrati
o ridono di me.
Nel dubbio sono io
a rider per entrambi
con gli occhi stanchi al cielo.

mercoledì 22 marzo 2017

NEL PROFUMO DEI SUOI CAPELLI

di Gianluca Bissolati

Ascolto il suono del mondo,
ne sento persino l'odore.
Mi cresce da dentro, profondo,
un fuoco che sembra di sole.
Mi inebria la sua presenza:
si anima il cuore spossato,
si ride, si parla, si pensa:
l'amore è appena sbocciato.
Attento la guardo parlare,
la ascolto, la ammiro, la bramo.
Mi incanta, voglio sognare:
le prendo e le bacio la mano.
Mi guarda, sorride, le piace;
sorriso degli occhi più belli.
L'odore del mondo ora giace
nel profumo dei suoi capelli.

mercoledì 15 febbraio 2017

IL RIPARO DELL'ANIMA; CORPI SENZ'ANIMA

di Gianluca Bissolati

IL RIPARO DELL'ANIMA

Sdraiati sopra al letto
si stringean l'un l'altra
e vinti dall'amore
tremavano in silenzio.

Paura è il sentimento
di farsi da riparo
ché mai sittanto altrove
saran così protetti.


CORPI SENZ'ANIMA

Il letto ancora caldo
dei nostri corpi pare
in sé celar ricordo.
Eppur già vago è in me
quel trepido momento.

Ma quel lenzuolo torto
e gli abiti gettati
ne furon testimoni.
Benché non fu che carne
in quella vuota unione.



giovedì 5 gennaio 2017

SOCRATICO MODERNO

di Gianluca Bissolati

Si scambia l'ignoranza
per massima furbizia
e i poco più avveduti
la credon cattiveria.

giovedì 1 dicembre 2016

IL DRAGO (Episodio 4)

di Gianluca Bissolati
Link ep.1: http://logaloud.blogspot.it/2016/11/il-drago-episodio-1.html
Link ep.2: http://logaloud.blogspot.it/2016/11/il-drago-episodio-2.html
Link ep.3: http://logaloud.blogspot.it/2016/11/il-drago-episodio-3.html


 Eravamo nella tana, ed anche se non potevamo vedere nulla davanti a noi a causa dello scudo, notammo immediatamente che qualcosa non tornava. Il drago avrebbe dovuto accoglierci con il suo alito rovente, ma allora dov'erano le fiamme?
Sollevando lentamente la testa oltre al cofano, osservai tutt'attorno alla ricerca del lucertolone, ma trovai solamente un bidet ed un water parzialmente divelti.
«Dov'è il drago?», domandai sospettoso.
«Deve essersi nascosto», ipotizzò Amedé.
«Nel cesso?»
«Allora è fuggito», disse Fedro lasciando cadere il pesante cofano.«Là c'è una finestra aperta».
Di corsa, ci dirigemmo tutti in direzione della finestra, scrutando il cielo e la strada alla ricerca del mostro fuggitivo, senza notare nulla di anomalo.
«Fuori non c'è, deve essere qui, da qualche parte».
Proprio mentre pronunciavo quelle parole, di nuovo il rumore gorgogliante si fece sentire alla nostre spalle. Spaventati, ci voltammo di scatto, convinti di vedere le fauci del mostro pronte ad avventarsi su di noi, ma ancora una volta vedemmo solo il water malandato. Al che, Amedé ebbe l'illuminazione.
«Ragazzi, non c'è nessun drago. Lo avevo detto io: è davvero il rumore dell'acqua nelle tubature. Probabilmente lo scarico di quel vecchio cesso ha una perdita».
Scettici, rimanemmo immobili per un minuto, fino a che il rumore fugò definitivamente i nostri dubbi.
«Quindi non siamo degli eroi», disse Fedro sedendosi pesantemente sul bordo del bidet. Pareva essere diventato improvvisamente stanco.
«No, siamo solo degli illusi», sentenziai a mia volta, sentendomi anch'io privo di energie.
A testa bassa, camminando piano, uscimmo dal bagno e scendemmo le scale, senza preoccuparci di riportare con noi le armi; senza badare al tonfo sordo dei nostri passi sul legno dei gradini. Una volta al piano terra, l'odore pungente dell'orina di gatto ci riempì le narici, e notevolmente infastiditi, ci affrettammo a scavalcare la finestra da cui eravamo entrati. Il cortile mi pareva ancora più desolante di quanto mi fosse apparso in precedenza. Al di sotto del grande albero, notai con la coda dell'occhio un mucchietto di peli bianchi e neri, totalmente immobili: doveva essere il cadavere del gatto scomparso qualche giorno addietro, semplicemente perito per la vecchiaia.
Senza badare a chi vi fosse per strada, scavalcammo il muretto di cinta dell'abitazione, poi tornammo in casa di Fedro, dove ci accolse sua madre preoccupata per la nostra prolungata assenza. Alle sue domande, rispondemmo con un filo di voce che eravamo andati a giocare poco distante da lì.
Io ed Amedé non ci trattenemmo a lungo dal nostro amico: prendemmo ognuno il proprio giaccone e ce ne tornammo mesti a casa. Mentre camminavo lungo la via del ritorno, notai che la luce solare si era notevolmente affievolita. Anche per quel giorno, l'omino nel cielo aveva fatto il suo lavoro: era giunto anche per lui ed i suoi possenti cavalli il momento del riposo.

Ricordo ancora la bruciante delusione che provammo nel vedere che la nostra missione si era conclusa con la scoperta di un bagno malandato. Per diverso tempo evitammo accuratamente di parlare della nostra disfatta, fino a che, quando ormai avevamo tutti dieci anni, Amedé tirò fuori nuovamente l'argomento.
«Vi ricordate l'anno scorso, quando cercavamo il drago?»
«Come dimenticarlo? Ancora mi brucia che non c'era!», dissi leggermente alterato.
«Sì, è stato un peccato che sia finita così. Ma in fondo, cosa cambia?»
Io e Fedro guardammo incuriositi il nostro amico. Ci pareva evidente l'abissale differenza: eravamo partiti speranzosi di diventare degli eroi, ma una volta tornati non avevamo domato nessuna bestia.
«Mi spiego meglio: anche se il mostro non c'era, noi eravamo pronti a combatterlo ugualmente», ci disse Amedé. «Avevamo paura, ma alla fine siamo andati avanti comunque, cercando di farci coraggio. Per come la vedo io, siamo comunque degli eroi».
Fedro sollevò lo sguardo da terra e guardò negli occhi l'amico parigino. «Tu dici che conta ugualmente come un'impresa eroica? Anche se non abbiamo combattuto?»
«Per me sì. Da quel giorno mi sono sentito spaventato molto più raramente, ed anche quando è capitato, mi sono sempre ricordato di quando ho aperto la porta ed abbiamo fatto tutti irruzione nel bagno».
«Ah! Mi ricordo! È stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita», dissi con fare da ometto vissuto.
«Vero! Un minuto prima stavo piagnucolando», continuò Amedé, «ed un minuto dopo ero pronto a prendere a bastonate un drago! È grazie a quel momento se sono diventato più forte».
«Hai ragione», commentò Fedro, «arrivati nella tana saremmo stati pronti a fare di tutto: avevamo sconfitto la paura».
«Esattamente!», riprese il nostro amico di colore, «Ci ho pensato tanto: quel giorno sapevamo cosa volevamo fare, e insieme, abbiamo fatto di tutto per farlo. Siamo stati bravi».
«Eroici direi», corressi sorridendo il mio amico. «Tutti per uno?»
«Ed uno per uno!», concluse trionfalmente Fedro, che continuava a perseverare nel suo madornale errore.
«Guarda che si dice “uno per tutti”, come dici te non ha senso», lo apostrofò Amedé.
«Ma non dire baggianate!»
Con il nostro spirito combattivo finalmente ritrovato, tornammo a giocare sotto al sole caldo, trasportato sul suo carro dall'infaticabile omino del cielo.

martedì 29 novembre 2016

IL DRAGO (Episodio 3)

di Gianluca Bissolati
Link ep.1: http://logaloud.blogspot.it/2016/11/il-drago-episodio-1.html
Link ep:2: http://logaloud.blogspot.it/2016/11/il-drago-episodio-2.html

 Il giardino era ridotto ad un groviglio di sterpaglie e rametti spezzati, con un alto albero in un punto poco distaste la casa. Dovevo guardare attentamente dove mettevo i piedi, dal momento che l'olfatto mi diceva che quello era ormai diventato il gabinetto di tutti i gatti del vicinato. Senza perdere tempo, io e i miei amici individuammo una finestra socchiusa, e agili come dei topolini, ci intrufolammo nel pertugio, riuscendo a fatica a far passare anche il cofano.
«C'è puzza di pipì di gatto qua dentro!», esclamai schifato non appena misi piede in un grande stanzone completamente vuoto.
«Non sono i gatti!», mi corresse Fedro, «È il drago che marca il suo territorio!»
«E non urlare! Il drago potrebbe sentirti e venirci a prendere tutti», mi rimproverò Amedé bisbigliando, «se ci mangia tutti è colpa tua!»
Lo guardai risentito e rimasi in silenzio, rifiutando in cuor mio l'accusa di essere la possibile causa della nostra disfatta. Zittendoci con un sibilo, Fedro si incamminò nella stanza adiacente a quella in cui eravamo, in cui si trovava una rampa di scale che conduceva al primo piano. Ai piedi della scalinata, ci fermammo per qualche secondo riflettendo sul nostro imminente futuro.
«Ci siamo», dissi. «Tra poco passeremo alla storia come coloro che hanno domato un drago».
«Siamo degli eroi, gente», annunciò Fedro appoggiando il cofano sulle scale di legno, che immancabilmente produssero un rumore sordo che rimbombò tra le pareti.
«Ancora a fare rumore?!», lo apostrofò Amedé, «prima ci è andata bene quando Gian ha urlato, ma se stavolta esce dal suo nascondiglio e scende a mangiarci è colpa tua, Fedro!». Il bersaglio del rimprovero consigliò all'amico di non dire baggianate, terminando la frase con una parola che non si addiceva per niente in bocca ad un bambino di nove anni.
«Ma tua mamma lo sa che chiami il pisello in quel modo?», domandai scioccato.
«No, e non deve saperlo».
«Quando abbiamo finito col drago glielo dirò», mugugnò Amedé, visibilmente risentito, «poi mi dirai se ti ha fatto più paura la bestia o tua madre arrabbiata».
«Basta discutere!», mi intromisi facendo da paciere, «Abbiamo l'umanità intera da salvare».
In silenzio e col viso imbronciato, salimmo le scale di legno camminando più adagio possibile. Io ed Amedé ci muovemmo agili come farfalle, mentre Fedro, appesantito dal cofano, aveva l'incedere di un ippopotamo. Seppur preoccupati per il baccano, sia Amedé che io decidemmo di non dire nulla: non era il caso di infastidire il nostro compagno biondo ancora di più. Una volta giunti in cima alla scalinata, ci trovammo davanti una porta aperta, che conduceva a quella che un tempo era stata una camera da letto. Senza esitare vi entrammo, e qui sentimmo per la prima volta il respiro del drago, proveniente da una porta chiusa in una delle pareti.
«Porca vacca!», esclamò Amedé spaventato, e corse a ripararsi dietro a Fedro ed il suo scudo.
«Eh no!», bisbigliò il biondino, «Prima ci dici di non fare rumore, ed ora che siamo a quattro passi dall'animale ti metti ad urlare? Se adesso esce e ci mangia è colpa tua, mica mia!». Non potei fare a meno di provare un sincero piacere udendo quelle parole puramente vendicative.
«Ma ho paura ragazzi! La faccenda potrebbe essere più pericolosa del previsto!»
«Sii coraggioso!», dissi con tono condiscendente.
«Ma ho troppa paura! Non ce la faccio!»
«Mio papà dice che si può essere coraggiosi solamente quando si ha paura, altrimenti il coraggio non avrebbe senso: se non si teme niente, ci si comporta in maniera normale», risposi per dare animo al mio amico francese, «è in queste situazioni che si vedono i veri eroi: quando fanno quello che devono anche se gli tremano le gambe.»
«Gian ha ragione», mi diede manforte Fedro, ormai scordatosi il risentimento nei confronti dell'amico, «e poi abbiamo uno scudo e le armi: niente ci può fermare. Tutti per uno, e uno per uno!», urlò in fine trionfalmente, inconsapevole di aver appena massacrato una delle frasi più famose della storia.
«Ok, andiamo!», disse Amedé sentendosi un po' meglio, «Uno per tutti, e tutti per uno!». Seppure non dissi nulla, non potei fare a meno di provare un senso di pace interiore quando la citazione venne fatta correttamente.
«Ai posti di combattimento!», urlai ai miei compagni d'armi, proprio mentre dall'altra parte della porta tornava a farsi sentire il temibile respiro.
Ormai pronti alla battaglia, ci disponemmo come avevamo in precedenza stabilito. Io mi appiattii lungo la parete alla destra della porta, tenendo saldamente in mano il tubo di ferro; Amedé si mise al lato opposto, con una mano sulla maniglia e nell'altra il manico della scopa; Fedro, accucciandosi dietro allo scudo, si posizionò esattamente davanti all'ingresso della tana, pronto a respingere le fiamme che il drago ci avrebbe vomitato addosso non appena avremmo spalancato l'uscio.
«Apri!», urlai. Al mio ordine Amedé abbassò la maniglia, permettendo a Fedro ed al suo scudo di entrare nella tana, seguito a ruota da me e dall'altro guerriero. In men che non si dica, eravamo nel nascondiglio del drago, pronti a combattere con le unghie e con i denti.

Link ep.4: http://logaloud.blogspot.it/2016/12/il-drago-episodio-4.html